CICLOVIA DELL'ACQUEDOTTO/MANDURIA-NARDÒ

Lungo la via dell’acqua nel profumo dell’Arneo selvaggio

La nuova pista di servizio del Sinni

Si pedala nella storia e nella natura di Puglia lungo la Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese, un itinerario di ben 500 chilometri che parte da Caposele (in provincia di Avellino) per arrivare a Santa Maria di Leuca. E il Salento non sfugge a questa regola: da Manduria a Santa Maria di Leuca, in due tappe per oltre 120 chilometri, si scopre un territorio che, grazie all’acqua del Sele arrivata a cavallo fra gli anni Trenta e gli anni Quaranta del secolo scorso, ha potuto scrivere una nuova storia di sviluppo e di modernità. Questa è la tappa Manduria-Nardò, mentre con l’altra tappa Nardò-Leuca si raggiunge Finibus Terrae.

Nell’attesa che la Ciclovia diventi realtà strutturata, si può percorrere l’itinerario disegnato dal Coordinamento dal Basso per la Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese, sfruttando una rete di strade secondarie e rurali, ma anche alcuni tratti di strada di servizio dell’Aqp (che si percorrono sotto la propria responsabilità dal momento che formalmente la circolazione è inibita, anche se sono aperti e abitualmente frequentati da camminatori e ciclisti).

A Manduria si parte dalla piazza centrale del paese, davanti all’imponente Palazzo Imperiali Filotico (km 0), principesco edificio del Settecento, con ben 99 stanze, che si presenta con uno splendido loggiato rococò proprio al centro della facciata e lascia intuire mille storie vissute nel suo scrigno.

Lasciando Manduria si entra in una campagna fertile e generosa, come solo la terra del primitivo sa essere. Infatti sono i rigogliosi vigneti ad accompagnare le pedalate per raggiungere la prima via d’acqua del percorso. Non è l’Acquedotto Pugliese, ma la condotta del Consorzio di Bonifica dell’Arneo a segnare la strada. Da qui e per circa 26 chilometri, infatti, si segue la condotta principale della rete di irrigazione del Consorzio di Bonifica dell’Arneo. 

Costruita negli anni Settanta, la pista di servizio dell’Arneo (inizio km 4,6) porta l’acqua per l’irrigazione dalla Basilicata verso il Salento. La pista di servizio, costruita proprio accanto alla condotta, è una strada asfaltata, larga solo quattro metri, ed ha il vantaggio di essere (in teoria) inibita alle auto. Insomma è una “naturale” pista ciclabile. Peraltro attraversa un territorio davvero selvaggio: per diversi chilometri è la macchia mediterranea a farla da padrona, solo raramente interrotta da piccoli uliveti. La pista accompagna la pedalata con lievi ma continui saliscendi.

La “monotonia” della selva di macchia mediterranea è interrotta dalla sparuta presenza di isolate masserie, un tempo veri e propri villaggi produttivi nei quali si concentrava il popolo della terra e oggi per buona parte trasformati in agriturismi o in esclusive strutture ricettive. La prima che si incontra è Masseria Potenti (km 7,6), un casale del Cinquecento circondato da 130 ettari di uliveti e vigneti.

Più in là si costeggia il centro abitato di Avetrana (km 11,3), al confine tra le province di Lecce, Brindisi e Taranto. Due alti torrini (km 13,7) a larghe strisce bianche e rosse, all’uscita di Avetrana, indicano la strada, con la pista che prosegue nella macchia mediterranea e dopo un po’ costeggia il Bosco di Mudonato (km 15,1), dove antiche querce e lecci si mescolano alla macchia mediterranea. Ed anche qui il territorio è presidiato da un agriturismo.

Si prosegue per un bel po’ sulla striscia d’asfalto che taglia la macchia e a un certo punto, sulla destra, si profila un alto mura di cinta. Non è facile immaginare che qui, in una landa desolata e selvaggia, dietro quel muro c’è un grande nastro di asfalto, uno dei circuiti più avanzati, dove sfrecciano auto, moto e tir di ultima generazione alla ricerca di nuovi record di velocità e di tenuta, per mettere a punto modelli sperimentali con nuove e sofisticate tecnologie. È il Nardò Technical Center (km 20), da qualche anno gestito da Porsche Engineering, su cui dominano due alte torri di controllo.

Proprio di fronte a quel muro, invece, torna in primo piano l’Acquedotto Pugliese con il Serbatoio di San Paolo (km 20,6), uno snodo cruciale della storica condotta costruita nella prima metà del Novecento che da Caposele (in Irpinia) porta l’acqua a tutta la Puglia, fino a Santa Maria di Leuca. Il serbatoio storico (oggi affiancato da un altro ben più grande) alimenta l’intero Grande Sifone Leccese che assicura l’acqua all’intero Salento, sia sul versante adriatico sia su quello ionico. Ed è proprio quest’ultimo ramo, verso Nardò, che si segue in bicicletta.

Un paio di chilometri più avanti una breve digressione dalla retta via porta al villaggio fantasma di Monteruga (km 22,7), un borgo rurale che risale al Ventennio e che oggi è in abbandono. Resta il fascino di un agglomerato che negli anni d’oro ospitava ben ottocento persone.

Si prosegue sulla strada asfaltata superando, sulla destra, Tenuta Vantaggiani (km 25,5), fattori con un avviato allevamento di Aberdeen-Angus. Il paesaggio è ormai cambiato e ora sono gli uliveti a dominare accanto a campi coltivati, strappati nel corso del tempo alla rigogliosa macchia. Un altro agriturismo, Torre del Cardo (km 28,3), segna la strada ma sono i due torrini che si stagliano all’orizzonte lungo la strada dritta a indicare la direzione. 

Prima di raggiungerli si svolta a sinistra, aggirando un altro grande serbatoio, per costeggiare la tenuta di Masseria Zanzara (km 31,9), un altro affermato agriturismo. Attraversata la provinciale, si continua a pedalare lungo la pista del Consorzio di bonifica dell’Arneo, ma seguendo la condotta dell’Acquedotto Pugliese che in questo tratto corre parallela. Si tratta della nuova conduttura, realizzata per l’acquedotto del Sinni, inaugurata nel 2016, che in poco più di 36 chilometri arriva fino al serbatoio di Seclì. In attesa che si trasformi in ciclovia secondo quanto previsto dal progetto di fattibilità, questo tratto oggi è uno sterrato di brecciolino, che consente di pedalare in tutta tranquillità: anche se campeggiano i cartelli di divieto d’accesso, essendo aperta, la pista è abitualmente frequentata da ciclisti e runners, e dunque si percorre sotto la propria responsabilità.

Si pedala in stretti in un mare di ulivi tagliando la buona terra dell’Arneo e continuando a incrociare le isolate masserie fortificate, come Masseria Galeta (km 39,7), che costituiscono una vera e propria rete per il presidio del territorio.

Dopo aver attraversato la Nardò-Avetrana, è un altro torrino dell’Acquedotto a indicare la direzione. È il Torrino (km 48) in località Castello di Agnano, che sorge su una piccola altura, quando si è ai suoi piedi e lo sguardo si rivolge a sud, si apre l’avvallamento che conduce a Nardò.

Dopo aver attraversato una cava, pochi chilometri di pista sterrata separano dal centro abitato che si raggiunge entrando subito nel centro storico di Nardò (km 51,9), che nel cuore ha la Cattedrale di Santa Maria dell’Assunta (km 52,4) con la sua facciata barocca e con all’interno il Crocifisso nero, che racchiude tutto il senso della fede e dell’armonia.

Poco più in là al cospetto della Guglia dell’Immacolata, un capolavoro del Settecento voluto dai Borbone, c’è la Fontana del Toro (km 52,5), dove le storie di Nardò si incrociano con quelle dell’acqua. La fontana, costruita proprio per celebrare l’arrivo dell’Acquedotto Pugliese nel 1930, mette insieme l’omaggio all’acqua con l’identità di Nardò, racchiusa in quel toro che, secondo la leggenda, scavando nella terra arida fece zampillare l’acqua.

info tecniche

Percorso:
in linea, senza segnaletica

Punto di partenza:
Manduria

Punto di arrivo:
Nardò

Lunghezza:
km 52,5

Dislivello:
+163/-201

Strada:
asfalto (70 per cento) e sterrato (30 per cento)

Paesi interessati:
Manduria, Avetrana, Nardò

Difficoltà: bassa

Bici consigliate:
Trekking, Gravel, Mountain Bike

Tempo di percorrenza:
4/5 ore

Itinerario proposto da:
salento.bike

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